(https://www.forumzone.it/public/uploaded/andreagiommi/2005224123831_picasso-pablo-dora-maar-seated-2802675.jpg)
Ve lo chiedo perchè a me l'arte di Picasso non piace, e siccome mi vogliono fare credere che sono un demente per questo, volevo sapere se ero solo oppure no! :D :D :D e senza interpellare un critico d'arte, che è come un assaggiatore di vini... ti dice sempre cose che tu non capisci :D :D :D
p.s.
Stamani in ufficio non ho niente da fare...
Ciao Ciao!
Non fare il demente! :D
Citazioneè uno stato d'animo od un modo di interpretare le la vita che ci circonda difficilmente raffigurabile diversamente
Tradotto: se sei (rand(emotion)) in quel momento, con un pennello in mano, difficilmente non ti esce un quadro del genere.
E' il suo modo di interpretare la vita.
Un po' come le canne, che esprimono nella loro forma e dimensione lo stato di disagio e di ricerca di benessere di chi le fuma, e per questo sono Arte.
Per non parlare dei castelli, dei carciofi, dei bong... che sono la fusione dell'uomo con lo Spirito Assoluto, in un'estetica (ovviamente) Hegeliana...
... lo sapevo che ero un artista!
Però se riduciamo il concetto di arte all'esprimere le sensazioni in maniera disordinata se non casuale, nella distorsione della realtà rappresentandola come il nostro subconscio percepisce (o anche l'inconscio, se l'erba è buona), nell'esternare il malessere insito in ogni essere umano... beh! allora siamo tutti artisti no!? Personalente, dopo gli impressionisti, non ho visto più arte nella pittura...
Ciao Ciao!
Non è così.
Non si tratta di esprimere sensazioni in maniera caotica o disordinata, apparentemente al di fuori di ogni logica. Vi è al contario un profondo studio ed analisi di quello che dovrebbe essere la realtà nella sua totalità (almeno assecondando il subconscio; la ragione non bastava più). Il desiderio dell' uomo di vedere ciò che nel mondo reale non può incontrare attraverso il connubio di sensibilità e razionalità. Tutto ciò sfocia nella pittura di Picasso come qualcosa di irrazionale, illogico, ma che a mio avviso, paradossalmente, può essere visto come terribilmente razionale.
Non per questo credo che tu sia demente! Mica ti devi cannare per forza :D
Potrebbe voler dire che lo spacciatore di Pablo vendesse roba da sballo :eek:???
Questo messaggio è stato aggiornato da goriath il 24/02/2005 alle ore 19:49:41
CitazioneNon è così.
Non si tratta di esprimere sensazioni in maniera caotica o disordinata, apparentemente al di fuori di ogni logica. Vi è al contario un profondo studio ed analisi di quello che dovrebbe essere la realtà nella sua totalità (almeno assecondando il subconscio; la ragione non bastava più). Il desiderio dell' uomo di vedere ciò che nel mondo reale non può incontrare attraverso il connubio di sensibilità e razionalità. Tutto ciò sfocia nella pittura di Picasso come qualcosa di irrazionale, illogico, ma che a mio avviso, paradossalmente, può essere visto come terribilmente razionale.
Non per questo credo che tu sia demente! Mica ti devi cannare per forza :D
Potrebbe voler dire che lo spacciatore di Pablo vendesse roba da sballo :eek:???
Questo messaggio è stato aggiornato da goriath il 24/02/2005 alle ore 19:49:41
Il tuo discorso segue una logica, ma io non la condivido. Volevo solo vedere se non apprezzare quello che altri apprezzano e indice di demenza.... ma tra tante visite quasi quasi nessuno ha risposto alla mia domanda... Peccato!
Ciao Ciao!
a me i quadri in generali nn sn mai piaciuti...a meno che nn ci sia la foto di una bella sventola :D
CitazioneCitazioneNon è così.
Non si tratta di esprimere sensazioni in maniera caotica o disordinata, apparentemente al di fuori di ogni logica. Vi è al contario un profondo studio ed analisi di quello che dovrebbe essere la realtà nella sua totalità (almeno assecondando il subconscio; la ragione non bastava più). Il desiderio dell' uomo di vedere ciò che nel mondo reale non può incontrare attraverso il connubio di sensibilità e razionalità. Tutto ciò sfocia nella pittura di Picasso come qualcosa di irrazionale, illogico, ma che a mio avviso, paradossalmente, può essere visto come terribilmente razionale.
Non per questo credo che tu sia demente! Mica ti devi cannare per forza :D
Potrebbe voler dire che lo spacciatore di Pablo vendesse roba da sballo :eek:???
Questo messaggio è stato aggiornato da goriath il 24/02/2005 alle ore 19:49:41
Il tuo discorso segue una logica, ma io non la condivido. Volevo solo vedere se non apprezzare quello che altri apprezzano e indice di demenza.... ma tra tante visite quasi quasi nessuno ha risposto alla mia domanda... Peccato!
Ciao Ciao!
Come no, giommi! (ti posso chiamare semplicemente giommi vero?...mi pare faccia figo :D) Ti ho risposto....ho detto che nonostante ci sia una
logica o una
non-logica nei quadri di Picasso, ciò non vuol dire che chi non veda le stesse cose sia demente...Gli impressionisti, imho, avrebbero randellato di mazzate il signor Picasso :D (sarà per questo che Cezanne pensò che non fosse aria??...bo?). Ebbene, in una zuffa simile chi sarebbe stato il
demente? Picasso o Monet?;)
Giommi va più che bene, mi chiamano tutti così! molti dei miei conocsenti manco sa che mi chiamo andrea!!! nfatti la firma...
Ciao Ciao!
Questo messaggio è stato aggiornato da andreagiommi il 24/02/2005 alle ore 21:05:02
IO ho sempre pensato che l'arte sia un misto tra ordine e originalità.
(L'illuminazione l'ho avuto a suo tempo tra una canna e una canzone di Guccini :)).
Ordine nel senso di seguire uno schema ben preciso nella costruzione dell'opera.
Se accettiamo questa definizione anche i dadaisti, che avevano come criterio quello di fare roba che non avesse senso in realtà davano un senso al loro lavoro e seguivano un criterio... poi uno può sempre considerarlo una presa per i fondelli, però ben guardando si tratta in ogni caso di un messaggio; anche il messaggio che "non c'è un messaggio" è un messaggio.
Un'opera d'arte... o anche un graffito... o anche un rutto (in certe circostanze) ci dice sempre qualche cosa.
La differenza principale sta nella qualità del messaggio e nella sua originalità secondo me.
L'opera d'arte dovrebbe portare contenuti originali e che permettono una crescita interiore (come farebbe un buon libro) almeno a livello emotivo, se non a quello cognitivo (comunque i due non sono così separati...).
Detto questo, a me Picasso piace poco, ma da quando mi hanno detto che il suo intento era quello di cercare un nuovo modo, secondo lui più valido, di esprimere i concetti che abbiamo in testa... ho iniziato a capirci qualche cosa in più.
Gli impressionisti invece (nonostante abbia visto diverse mostre, da quella di Treviso alla National Gallery) mi hanno sempre fatto poca "impressione".
Anche a me piacciono le cose che si capiscono bene cosa sono: sarà poco fine, ma me ne sto contento così.
Questo messaggio è stato aggiornato da The Chosen One il 25/02/2005 alle ore 10:02:04
Questo messaggio è stato aggiornato da The Chosen One il 25/02/2005 alle ore 10:04:01
Butto un po' di carne al fuoco anch'io, riprendendo i giusti commenti di Goriath e Chosen One.
Il concetto di Arte è sempre stato uno dei più difficili da definire, almeno negli ultimi 2-300 anni... :h
Questo perchè un'ottica che si può definire "ristretta" tende a classificare come Arte soltanto alcune opere in possesso di determinati requisiti (che cambiano a seconda della definizione che se ne vuole dare); in un'ottica più ampia si finisce invece per applicare il termine a qualsiasi opera d'intelletto umano (anche la danza è opera d'intelletto), o addirittura a qualsiasi cosa che faccia parte del "creato" (un'estetica tipicamente religiosa).
Una definizione giusta a priori non esiste. Soprattutto per me che odio "i fronzoli" della filosofia (questa è per Khana! Tiè! ;)).
Ritengo comunque che considerarla un semplice atto comunicativo sia troppo restrittivo.
Va infatti tracciata qualche linea di demarcazione più evidente, che possa separare il verso di una scimmia o le secrezioni olfattive delle formiche dalla Divina Commedia. :)
Come faceva giustamente notare Goriath, quando si parla di Arte è corretto introdurre il concetto di totalità dell'opera, in voga dai primi anni del 900 e fondamentalmente introdotto dalla psicologia della percezione della Gestalt: il concetto che più volte viene esemplificato con un 2+2=5 è infatti che il tutto esprima molto più della somma delle singole parti.
Quando guardiamo un quadro non pensiamo di essere di fronte a X linee verticali, Y linee oblique, Z colori distribuiti in N modi, ecc. ma cerchiamo invece di cogliere il senso che l'insieme può veicolare.
Il compito dell'artista è quello di "far stare" nell'opera qualcosa che è infinitamente più grande di lei. L'opera in questo senso è sempre un modello ridotto della realtà, filtrato e plasmato dall'artista in processo di significazione che però - e questo è il punto a cui mi premeva arrivare - arriva a compimento soltanto nell'attività dello spettatore (o lettore, o fruitore generico dell'opera).
I filosofi si sono scannati per decidere se l'attività dello spettatore fosse attiva o passiva... se il rapporto con l'opera fosse espressivo o impressivo... se l'approccio di analisi artistica dovesse essere sincronico o diacronico... ma tutte queste cose le lascio volentieri a Khana (e due! eheh!)... :cool:;)
Fondamentalmente per me possiamo parlare di Arte davanti a qualsiasi processo di significazione. Per la definizione che abbraccio io, un panorama non è artistico finchè non è su una tela. Possiamo rimanere affascinati dalla bellezza della natura e godere emotivamente della "pervasività" (nel senso che lo "sentiamo" tutto intorno a noi) di un paesaggio o dello stupefacente ordine che traspare dalla tela di un ragno... ma per me è Artistico solo ciò che implica produzione di senso dagli esseri umani per gli esseri umani, un processo di sintesi significante-significato che ha sempre bisogno di due attori: colui che il senso lo convoglia in un significante, e colui che il senso lo estrapola da quest'ultimo.
Quello che poi, secondo me, pone Picasso, Monet, Leonardo, Dante Alighieri, Dziga Vertov (e chi più ne ha...) un gradino sopra agli altri sono meriti squisitamente individuali: l'aver aperto la strada a una corrente, l'aver concepito e redatto un'opera monumentale, l'aver trovato nuove forme per espressione dei contenuti, l'aver stravolto i canoni e i codici espressivi di un'epoca, l'aver sintetizzato i sentimenti o i momenti di un periodi storico... e quanto altro...
Ci può essere arte anche nel codice sorgente di un programma, se chi lo guarda è in grado di capirne l'eccezionalità e la bellezza delle soluzioni implementate dall'autore (tanto che molti talenti artistici vengono "riscoperti" tardivamente proprio perché nessuno era riuscito a capirli prima o si era sforzato di esaminarli a livelli di analisi superficialmente inaccessibili).
Quello che intendo, però, è che per finire nel Louvre ci vogliono altri meriti, non riconducibili unicamente al gettare un po' di colore su una tela... anche se, effettivamente, è ciò che si può essere portati a pensare di certi quadri ad un primo sguardo... :rolleyes:
L'opera d'arte è ossimoro comunicativo: un oggetto-soggettivizzato, un discorso-taciuto, un introspezione-estroversa, un significante-senza significato...
Un'opera d'arte non esiste se non viene "fruita", ossia, per essere definita come "opera d'arte" deve necessariamente possedere due fondamentali requisiti: l'autore e lo spettatore.
Il rapporto che questi hanno con l'opera d'arte è per entrambi contemporaneamente attivo e passivo ed è questa peculiare caratteristica ossimorica, ossia paradossale, che rende l'opera d'arte qualcosa di diverso dalla contemplazione della natura.
Come poi ho scritto nel thread delle Mesa, non è questione se Picasso vi piaccia o no, nessuno vi darà del demente. Vi daranno del demente se ritenete il cubismo "banale".
L'arte esiste anche poiché contemporaneamente espressione e tecnica, espressione vincolata all'autore e allo spettatore (che può avere la sua interpretazione espressiva), tecnica vincolata al medium scelto e al "genere" scelto.
La pura espressività non esiste. E' un utopia del romanticismo.
A questo si aggiunge la necessità dell'offuscazione del significato: un'opera d'arte è tanto più "artistica" quanto meno è possibile coglierne il significato.
Un'opera d'arte è tale quando instaura un rapporto con il fruitore, quando diventa un "medium".
Il primo rapporto, il più semplice, è quello della "ricerca del significato".
Se il significato è lampante, non c'è nessuna ricerca.
Se il significato è completamente offuscato, la ricerca è perpetua, quindi l'opera d'arte è "eterna".
Vedasi la Gioconda.
Finita la lezione di Estetica. :cool::)
Questo messaggio è stato aggiornato da khana il 25/02/2005 alle ore 15:08:12
Ah, tanto per capirsi, la Programmazione invece sta nel senso diametralmente opposto, per cui il "significato" è talmente palese che diventa funzionale ed esecutivo.
Preso un angolo piatto che rappresenta la "comunicazione", il punto a gradi 0 è la programmazione, il punto a gradi 180 è l'arte.
In mezzo stanno tutti gli altri modi che abbiamo di "parlare" tra di noi.
Qualcuno pensa a questo angolo come un angolo giro, ossia di 360°, in cui l'estremo della programmazione si tocca con l'estremo dell'arte, ma a mio modesto modo di vedere è così solo se l'autore e il fruitore lo vogliono.
Quindi solo quando esiste l'intenzione a far diventare "arte" anche la programmazione.
Di norma, la programmazione non ha fruitore, in senso stretto.
Questo messaggio è stato aggiornato da khana il 25/02/2005 alle ore 15:17:13
CitazioneAh, tanto per capirsi, la Programmazione invece sta nel senso diametralmente opposto, per cui il "significato" è talmente palese che diventa funzionale ed esecutivo.
Preso un angolo piatto che rappresenta la "comunicazione", il punto a gradi 0 è la programmazione, il punto a gradi 180 è l'arte.
In mezzo stanno tutti gli altri modi che abbiamo di "parlare" tra di noi.
Non sono d'accordo.
La programmazione ha sicuramente una grammatica rigida e quindi veicola il senso nel modo più stretto possibile (per evitare che poi i programmi facciano cose non volute).
Ma ciò non significa che sia
necessariamente e aritmeticamente (non fare il positivista! :cool :) all'opposto dell'arte. L'arte può risidiere anche nella programmazione.
Non c'è un
best way Tayloriano per scrivere un programma. Le implementazioni pratiche sono attivamente selezionate, costruite e elaborate dall'intelletto del programmatore come soluzioni possibili di un problema, ma quasi mai sono le uniche possibili. A volte sono le più convenienti, le più semplici o le più - per riprendere un termine caro a questo topic - banali.
Ma una ricerca del bello, dello stile e dell'eccezionale nella "composizione informatica" non ha secondo me niente da invidiare alla ricerca del bello con altri mezzi.
La programmazione è funzionale nella sua finalità, ma l'elaborazione del codice è un processo stilistico e artisticamente produttivo quanto mettere insieme le parole per comporre una terzina della Divina Commedia (che da esso differisce proprio per un discorso di finalità, e non dall'intento di costruzione di senso), anche se il vocabolario e le regole grammaticali dell'italiano (che pur nella poesia vengono spesso infrante) sono enormemente più vasti e complessi rispetto a quelli del Pascal, del Cobol o del C++.
Il fatto che un programma sia fatto per essere eseguito non esclude che il codice possa essere letto, interpretato, ed (ouned! :D) esteticamente contemplato.
Il programmatore ha meno libertà d'azione.
Ma ciò non toglie che in lui ci può essere un artista (ovviamente nel momento in cui si comporta come tale, e non come uno che non vede l'ora di timbrare il cartellino e mettersi in tasca la busta paga). ;)
Hai appena esposto proprio il caso limite in cui il programmatore sia fermamente intenzionato a rendere il proprio codice fruibile a livello estetico.
Di norma, il codice programmato non ha bisogno di un fruitore.
Ovviamente la singola persona può decidere di uscire dagli stretti campi delle classificazioni, ma, appunto, esce... quindi non è più, ad esempio, nel campo specifico della "programmazione".
Il discorso potrebbe tranquillamente andare avanti, perché in realtà, sempre nell'esempio dell'angolo piano, esiste la posizione intermedia, che è, ovviamente a livello esemplificativo, la magia (o la parola di dio, che è più o meno la stessa cosa), ossia una forma di linguaggio "operativa", ma con un significato espressivo interpretabile.
Il mondo della comunicazione è vasto, troppo vasto per essere risolto qui. Lo è perché l'uomo è "vasto" nelle sue potenzialità comunicative e può sempre optare per "contaminazioni" di categoria, rendendo artistica la programmazione (certi codici C++ compilati assumono "forme" precise se guardate con notepad), e programmatica l'arte (la dodecafonia).
Come detto in apertura del mio post, è un ossimoro.
Ultima precisazione, per far capire il senso di altri miei interventi sul discorso banalità<->demenza.
CitazioneCome poi ho scritto nel thread delle Mesa, non è questione se Picasso vi piaccia o no, nessuno vi darà del demente. Vi daranno del demente se ritenete il cubismo "banale".
Il cubismo può essere banale per chi non possiede i mezzi cognitivi per capirlo.
"Quel quadro per me è banale: non ci vedo altro che una donna raffigurata in modo
strano" è un'enunciazione che - come voleva sondare il Giommi con la domanda che apre il thread - non autorizza a tacciare chi la pronuncia come demente.
La grandezza di Picasso come artista è universalmente riconosciuta, ma la pretesa che tutti possano apprezzarlo è utopica:
1. Perché l'arte è fatta di autore e fruitore, quindi se il fruitore non "svolge" la sua parte, questa cessa di essera arte (ouned 2 :D :D) e diventa solo "un'accozzaglia di colori senza senso".
2. Perchè si potrebbe non disporre delle conoscenze adeguate per apprezzarlo in quel determinato momento, e anche se ciò non toglie che si potrà farlo in seguito, finché tali conoscenze e "percorsi d'analisi" non le si possiede, l'opera continuerà ad apparire - legittimamente - banale.
Come vedi, ho lasciato da parte i giudizi di gusto.
Non è questione dell'opera che può "piacere" o non "piacere".
E' questione di poterne/saperne riconoscere il significato.
Se etichettiamo "demente" chi non ci riesce, allora perché non etichettare demente anche chi sostiene che un quadro di Dalì è un'opera d'arte ma non sa spiegarne i motivi (forse solo per "sentito dire"? Allora ripongo la domanda: chi è il vero demente? Chi ammette la sua ignoranza o chi fa finta di non averla?)? :o
Non sono un critico artistico, nè pretendo di esserlo.
Però anche un "demente" potrebbe non essere più tale, se dall'altra parte non incontrasse solo "dementi" che, al posto di spiegargli cosa c'è di non-banale nel quadro di Picasso, lo mettono in un angolo per deriderlo.
E' per questo che la Storia dell'Arte si studia.
O si dovrebbe studiare...
Per "capire" il linguaggio che si ha di fronte.
Infatti per mettere a disagio qualcuno che decanta le capacità di un artista, la domanda migliore è: "ad esempio?".
:D
quando avete 2 minuti mi fate un riassuntino in italiano?:D
Che piacere sentire parlare di Gestalt... una delle mie prime passioni... ora un po' in calo (sto ritornando a credere nel riduzionismo).;)
Purtroppo caro Khana,
(continuo a pensarti con la sciabola in mano, non volermene), a mio avviso ha pienamente ragione Superbox.
Per me l'arte non ha una base oggettiva. Arte può essere qualsiasi cosa che venga reputata tale.
Del resto io sono proprio uno di quelli che davanti alla maggioranza di forme di arte "riconosciuta" si sente ignorante perchè non vede proprio cosa ci sia di bello.
E dire che ho studiato l'Arnheim con tanto impegno!
a me Picasso non piace.
-Risposta semplice e concisa che spero sia di tuo gradimento,andreagiommi.. ;-)
CitazionePurtroppo caro Khana,
(continuo a pensarti con la sciabola in mano, non volermene)
Sandokaaaaaaan :cool:
Citazionea mio avviso ha pienamente ragione Superbox.
Per me l'arte non ha una base oggettiva. Arte può essere qualsiasi cosa che venga reputata tale.
Ehm... Superbox non sostiene questo... almeno... non mi pare di avere capito questo.
La base oggettiva dell'arte è la sua necessita di attraversare un medium, e su questo non puoi dissentire. Un dipinto non è un dipinto se non c'è una tela con su del colore, un film non è un film se non ci sono degli attori che vengono ripresi da una telecamera.
Oltretutto, io non ho mai detto che l'arte "sia qualcosa" e anzi, ti sto solo dicendo che "per essere reputata tale" basta che esistano e siano identificabili un autore e un fruitore.
Se esiste un autore, esiste un fruitore ed entrambi sono identificabili, allora siamo di fronta ad una forma d'arte. Non importa "quale" forma.
L'oggettività sta nella sua "trascendentalità", ossia la "possibilità" di soddisfare la struttura autore-fruitore.
L'errore che si tende a fare e quello di "immedesimarsi" nel fruitore, per cui se "per me" quello non comunica nulla, allora "non è arte".
Errore: nessuno di noi preso singolarmente fa testo, nessuno di noi preso singolarmente è indispensabile alla specie umana...
Anche se esiste un solo fruitore per quel singolo autore, spersi entrambi nello spazio-tempo, anche presi non contemporaneamente, una volta che essi sono identificabili, "nasce" l'opera d'arte.
Quindi sono d'accordo con te: qualsiasi cosa che "possa essere riconosciuta come tale" è un'opera d'arte... ora: cosa fa sì che l'opera d'arte venga riconosciuta come tale?
Risposta: il rapporto autore-fruitore e l'offuscabilità del messaggio.
Ora mi piacerebbe chiudere con la lista di autori (filosofi) che si dovrebbero leggere prima di speculare su questo tipo di argomenti, ma poi Superbox si arrabbia :D
EDIT: ho tolto la lista degli autori
Questo messaggio è stato aggiornato da khana il 25/02/2005 alle ore 20:03:45
E perchè!? dai Khana... rimaettila la lista! :)
Ciao Ciao!
Citazionea me Picasso non piace.
-Risposta semplice e concisa che spero sia di tuo gradimento,andreagiommi.. ;-)
Grazie Manuleson!!!
Pensa che io, aprendo sta discussione, mi aspettavo una lista di si e no... guarda un pò che ho creato!
Però è bello vedere che pezzi di cervelli abbiamo su forumzone
p.s.
Box di a Khana che non ti arrabbi se mette la lista! :D
Ciao Ciao!
E' difficile propendere per una linea di pensiero (Superbox) o per l' altra (Khana), in quanto le 2
vie sembrano tangersi in alcuni punti sostanziali (sempre per rimanere in tema, questa è una banalità:cool :)
Ad ogni modo dopo aver riletto attentamente credo di conciliarmi quasi perfettamente con ciò che Khana ha voluto portare avanti...Ritornando all' esempio del programmatore e della programmazione, questa non può esser definita arte...La programmazione si "finalizza" per l' appunto, in qualcosa che sicuramente non può esser arte, qualcosa di ben distinto dall' arte...A mio modo di vedere il nodo è questo. La programmazione potrà avere un
momento creativo se vogliamo nel quale un "fruitore" potrà
contemplare la creazione (o i codici sorgenti che danno vita alla creazione), ma questo momento passerà (in secondo piano) in quanto ciò che il programmatore crea non è tale per essere arte ma è per essere "altro" dall' arte (il finalizzato). L' Arte al contrario, è tutto ciò che ha dietro di sè (come dice Khana) un autore ed fruitore i quali identificano le loro "posizioni" attraverso il
medium alternando attività e passività. Se ciò (le reciproche identificazioni) si dovesse verificare, sarebbe permanente, in quanto "essenza" (se vogliamo, potrebbe essere questo il "fine", ma credo che a questo punto parlare di finalità sarebbe fuorviante e farebbe a cazzotti con quanto appena detto). Mi trovo ancora in accordo per ciò che concerne la non prescindibilità dell' oggettività dell' arte. A mio modo di vedere se si potesse prescindere dall' oggettività e parlare ancora di Arte, ciò (di cui stiamo disquisendo) non è arte ma è di più. E non dico che ciò è Dio perchè non lo so e non lo posso sapere :h.
Tuttavia non vi è da parte mia coesione totale.
CitazioneL'errore che si tende a fare e quello di "immedesimarsi" nel fruitore, per cui se "per me" quello non comunica nulla, allora "non è arte".
Errore: nessuno di noi preso singolarmente fa testo, nessuno di noi preso singolarmente è indispensabile alla specie umana...
Mi sembra di evincere (potrei evincere erroneamente:cool :) che Khana voglia fare appello all' Universalità dell' arte. Ossia essa (l' arte) "è", se il "fruitore" (fruitore "ideale" ;) dice che è tale (e lo dice in funzione delle precisazioni fatte in precedenza). Ma un fruitore "ideale", a mio modo di vedere, è una "macchina" i cui "meccanismi" corrispondono ai fruitori "particolari". Detto questo non si può prescindere da essi. In un orologio, se un ingranaggio "non va", l' orologio stesso non svolge la sua mansione correttamente. Detto ciò al momento che un ingranaggio (un fruitore particolare) non va (non fa la sua "parte" ;) l' intero sistema viene vanificato (l' arte non si verifica come tale). C' è universalità (macro), a mio avviso, solo se essa si perpetua nel particolare (micro).
Bene, volendo fare della "manutenzione" al nostro orologio....
Il Giommi sembra essere un ingranaggio "che non ingrana" (nel senso che non svolge la mansione che altri ingranaggi svolgono). Dunque forniamo al nostro ingranaggio (il Giommi) dell' "olio" ossia delle facilitazioni, delle "chiavi" di comprensione e di interpretazione (Superbox dixit: "Il cubismo può essere banale per chi non possiede
i mezzi cognitivi per capirlo). Ebbene, ciò non vieta che il Giommi una volta ottenute le chiavi cognitive al pari di qualsiasi potenziale fruitore prossimo all' identificazione (ecc...ecc...), continui a ripetere che questa forma d' arte (il cubismo) non lo aggrada...Infatti più che (oppure "oltre che" ;) discutere sul vero significato di intendere l' arte ed "identificarsi" con essa, sarebbe opportuno interrogarsi su cosa significhi "questo quadro mi piace"..."mi piace perchè è
bello".....e magari cosa significhi
demente:cool:......
Penso che non la finiremmo più:)
Nel mio precedente post non mi sono spiegato bene.
Conosco molto bene il famoso triangolo artista-opera d'arte-fruitore; ma ciò che intendevo dire quando dicevo che l'arte non ha una base oggettiva non si riferiva all'opera d'arte ma all'arte stessa.
Per dirla semplicemente:
-l'opera d'arte, come dice Khana, ha una base oggettiva, concreta, rappresentata dal mezzo (il canale, per chi preferisce) che collega l'artista col fruitore. Da questo punto di vista è chiaro che l'opera d'arte è tale secondo un'accordo soggettivo che lega fruitore e artista.
- ribadisco però che secondo me l'arte (ciò che definiamo "arte" ;) non ha una base soggettiva: intendendo dire che non ci sono dei criteri precisi con cui possiamo separare ciò che arte da ciò che non è.
Per dirla con Popper (così Khana mi capisce, spero Superbox non me ne voglia): l'arte per me rimane nel secondo e nel terzo mondo; i criteri che decidono cosa è arte e cosa non lo è non fanno parte del primo mondo; conseguenza diretta di questa cosa è che anche un linguaggio di programmazione può essere arte a patto che soddisfi i requisiti del secondo e del terzo mondo: cioè, reciprocamente, che sia prodotta e fruita da due dustinte coscienze, e che rappresenti un bene culturale (e tutte le altre cose che attribuiamo all'arte...).
Se non si fa così si deve cercare per forza un criterio che scinda ciò che è arte da ciò che non lo è; e come è già evidente dal discorso di goriath alla fine questo criterio deve essere cercato in qualcosa di metafisico; tagliando ogni altra possibilità di discussione.
Tanto per riassumere per chi non è stato dietro al mio discorso:
sono daccordo con Superbox nel dire che anche un linguaggio di programmazione "può" essere arte; aggiungo io: come lo può essere una sedia fatta bene, o un bignè alla crema.
Uh...
Chiarisco meglio il punto, perché non vorrei essere stato frainteso.
Per me una sedia non è necessariamente arte (anche se molti oggetti li chiamiamo appunto "artefatti", in quanto produzioni risultanti dall'attività umana).
Però lo può essere. Come lo può essere il codice sorgente di un programma, ma a determinate condizioni, e cioè, come diceva Khana, nel momento in cui l'oggetto è fine a se stesso, e non all'utilizzo pratico.
Oltretutto una sedia è spesso prodotta in serie con tecniche automatizzate (quindi non è nemmeno un "manufatto" in senso stretto)... ma il punto focale è che la sedia non viene costruita (quanto meno nella stragrande maggioranza dei casi) per convogliare senso: viene costruita per adempiere a determinate necessità/funzioni. L'opera d'arte invece non ha utilizzo nè finalità pratica. L'opera d'arte è un oggetto di senso, un rapporto stabilito tra un significante (l'oggetto) e uno o più significati.
Ciò non toglie che una sedia (o un WC) possa finire al Louvre: ma ciò che la differenzia dalle migliaia di altre sedie nel mondo è in quel caso la volontà precisa e determinata di un autore (umano) di utilizzare tale oggetto come segno (semioticamente parlando, è "segno" qualcosa che sta per qualcos'altro), strappandolo così al contesto della vita quotidiana per dargli "vita propria" in quello dell'arte.
Identica è la logica che applicavo all'esempio della programmazione: non nell'atto in sè (il programma in esecuzione), che è chiaro risponda a logiche essenzialmente funzionali (deve fare ciò che è richiesto, non porsi come oggetto di contemplazione mistica), ma nel processo creativo che ne sta alla base. E' giusto l'appunto di Khana sul fatto che l'arte nella programmazione svanisca con la compilazione del listato. Ma ciò non toglie che questa può risiedervi, ovviamente nel codice sorgente.
Il linguaggio di programmazione è un linguaggio.
Per definizione è votato alla produzione di senso. E quindi potenzialmente manipolabile a fini artistici.
Che poi la bellezza intrinseca di un codice in C++ possa essere apprezzata solo da chi "mastica bene" il C++ è un'altro discorso. Ma non è il numero di persone in grado di apprezzare un'opera che ne determina la sua valenza artistica.
L'arte, come ho già detto sopra, nasce nel processo di significazione (attribuzione di significato a un significante).
Ultima righe dedicate al binomio gusto-arte, due termini che spesso in questo thread ho percepito come intercambiabili.
Distinguiamo bene le due cose: qualcosa può piacere o non piacere.
Il gelato al limone può essere più gradito a una persona e meno a un'altra.
Ma quando si parla di arte non si parla di gelato al limone: il gelato al limone non è il "prodotto" di una volontà che ha voluto attriburgli forma e senso; e tanto meno è diretto a un'altra volontà (il fruitore) che questo senso lo potrà estrapolare dal significante.
L'opera d'arte si può comprendere o non comprendere, e ciò è dovuto non al giudizio di gusto, ma al possesso dei determinati "strumenti" cognitivi necessari alla sua interpretazione, intesa come decodifica del linguaggio utilizzato e ri-creazione di significato nella mente del fruitore.
Il fatto che piaccia o no, ai fini puramente estetico/artistici, non è assolutamente pertinente.
Nel momento in cui l'arte è entrata nella mente nel fruitore, che a quest'ultimo piaccia o meno non ha importanza, dato che l'Arte ha assolto il suo compito di auto-definizione.
Con una metafora: se un cinese vi parla in cinese, e voi non sapete il cinese, non riuscirete ad attribuire significato alle sue parole. Potrete commentare la sonorità del linguaggio (es: mi piace/non mi piace il tedesco per il suo suono "duro" ;), ma il processo di ricreazione di senso che il cinese voleva attuato nel vostro cervello non è arrivato a buon fine. Quindi non sarete in grado di dire "condivido/non condivido", "mi piace/non mi piace" quello che ha detto il cinese, finché non imparate il suo linguaggio e vi ponete nelle condizioni di recepire il significato di ciò che lui intende comunicare.
Il giudizio di gusto non solo non è pertinente all'Arte, ma ne è anche subordinato.
Il discorso appena fatto è chiaramente (per chi ha avuto la sfortuna di doverlo studiare :D) di derivazione Kantiana, ma non è necessario aver letto Kant per comprenderlo (questa frecciata è per Khana ;)).
Quando si possiede la conoscenza bisognerebbe illustrarla, non metterla tra i requisiti per avviare un discorso (frecciata n. 2 :cool:]).
Detto ciò... niente in contrario alle "letture consigliate", purché ciò avvenga dopo che si è illustrato l'argomento in modo - quanto più possibile, perché non possiamo ragionare in termini assolutamente esaustivi - comprensibile per l'interlocutore.:sag:;)
EDIT: aggiunta una metafora. :D
Questo messaggio è stato aggiornato da Superbox il 26/02/2005 alle ore 14:37:45
Il fatto è che a me non piace fare la figura dello "scolastico" perché è una posizione che tende a sottointendere che non si è capito il discorso...
Ad esempio, la definizione Macro/Micro di un processo sociale e antropologico quel è l'arte è di per sé erroneo, tanto quanto risulta erronea l'analisi Popperiana dell'arte.
Questo perché l'unversalità a cui io mi riferivo è il concetto di "trasendente" di Kant, ossia qualcosa che è "oggettivo" in quanto "universalmente possibile".
L'analisi invece macro/microcosmica tipica di una delle due derivazioni hegheliane, ossia quella marxiana (aggettivo ricercato per distinguarsi dal marxismo che assumerebbe un carattere politico che qui non è di nessun interesse) equivale di fatto ad un riduzionismo meccanicistico (che è anche di Popper, appunto), che non ha davvero nulla a che spartire con l'arte.
Popper analizza per gradi di sovrastrutture ed ha un approccio comunuqe antropocentrico.
L'analisi che si cercava invece di fare, che porta ai discorsi semantici a cui fa riferimento Superbox (senza palesarli del tutto neppure lui :cool :) è la strada fenomenologica che necessariamente porta ad analizzare l'arte dal suo stretto significato comunicativo.
L'arte è icona del comunicare.
E' simbolo di simbolo, ma non nel senso platonico, lo è nel senso proprio dell' "icona": un segno che sta al posto di qualcosa d'altro.
Per la precisione, tanto per usare parole di Husserl, è simulacro di espressione.
Essendo l'espressione a sua volta un "simbolo", dato che è la rappresentazione più prossima al significato che vogliamo comunicare, ecco che l'arte è icona di un simbolo.
Non esiste, di fatto, nessun altro modo per definire un'opera d'arte, poiché tutte le altre spiegazione che si possono dare sono "opinioni", quindi per loro natura fallaci.
Ora, visto che il discorso è di nuovo tornato inquesto senso, ri-posto i riferimenti alle opere che non ho messo nei post precedenti...
Per riuscire a capire dove stiamo andando a parare, bisogna necessariamente essere a conoscenza del significato di "trascendente" di Kant, del concetto di "rappresentazione" di Schopenhauer e del rapporto dialettico che esiste tra "Soggetto", "Oggetto" e "Rappresentazione", del concetto originale di "Dialettica" di Hegel (quindi non la traduzione che ne ha fatto Reale...), della differenza tra Tekné e Poien fatta da Heiddegger e dalla definizione che dà lui del verbo "essere" nel suo significato semantico di ex-sisto, stare fuori, incredibilmente simile a "estetica", della fenomenologia di Husserl, dell'esperienza decostruttivista di Deridda ("la differenza che differisce il differire del differente" ;) e dei concetti base di MacLhuan ("Strumenti del Comunicare": il medium è il messaggio).
Già che ci siete, datevi una lettura a Wittgestein e alle sue teorie sull'estetica dei (alla sua epoca) nuovi Media (la fotografia e la radio); noterete che è incredibilmente simile a MacLhuan.
Questo per quanto riguarda la filosofia...
Per l'arte, fa sempre un grande effetto andare al museo Reyna Sofia di Madrid e vedere, nella stessa sala, la Guernica di Picasso e i quadri di Fontana. In fotografia non rendono neanche un decimo di quello che rendono dal vivo. I quadri di Fontana sono davvero la rappresentazione bidimensionale dello spazio.
Aggiungete poi un paio di sane letture di semiotica, ma su questo vi consiglerà meglio Superbox.
L'estetica non disserta più sul gusto da, mi pare, Baumgarten, 1750... l'estetica ora è necessariamente fenomenologia e come tale non studia il "cosa" degli oggetti, ma il "come".
E' una scienza e studia il "funzionamento" (a livello eidetico) dei suoi oggetti e non le loro "essenze".
E' la cosa più lontana dalla metafisica che potete trovare, non perché ne sia il suo contrario, ma perché non si pone il problema della metafisica (ha imparato da Nietzsche); con la fenomenologia non c'è la necessità di un riduzionismo aprioristico nel (vano) tentativo di trovare un principio comune e fondativo del reale, risalendo a ritroso la catena causa-effetto (che è un'operazione impossibile, come a cercare di risalire alla funzione usata, partendo dal suo risultato), ma c'è la ferma convinzione a trovare, a livello analitico, quali siano le "strutture trascendentali" che reggono l'insieme delle esperienze fruibili, ossia quali sono quei meccanismi eidetici che sono comuni a tutti gli uomini. Non importa quali poi siano gli "oggetti" sui cui tali meccanismi ruotano, importa che il "piacere" che una persona ottiene dal contemplare un'opera sacra in un tempio religioso sia de facto lo stesso "piacere" che un'altra persona ottiene ammirando un acquarello di Milo Manara.
Non più l'intelletto, ma i sensi.
Non più la razionalità, ma le percezioni.
Meglio: percezioni di cui si ha coscenza del loro funzionamento trascendentale, ossia appercezioni.
L'intelletto è un accidente evolutivo.
"Il cervello pensa, tanto quanto lo stomaco digerisce" (Schopenhauer).
Questo messaggio è stato aggiornato da khana il 26/02/2005 alle ore 17:41:58
a tratti mi fate paura...:eek::eek::)
Ragà... ma vi pare che io mi vado a studiare tutta quella roba per commentare un quadro di Picasso? :D
Per me l'arte è un prodotto umano, di una mente umana che intende indicare qualcosa. Il gusto e la comprensione per me non sono la stessa cosa, ma neanche il primo è subordinato al secondo, anzi ritengo che a volte le due cose si influenzino a vicenda.
Mi scuso per aver alluso a mondi di Popper senza aver spiegato bene; però alla fine ho fatto un riassunto abbastanza chiaro ;)...
In ogni caso adesso non posso dire di pensarla neanche come Superbox:
per me un artefatto, come può essere ad esempio un bignè fatto da un abile artigiano, può essere benissimo un'opera d'arte.
L'arte per me non è negli oggetti ma in chi la fa e in chi la fruisce; gli oggetti sono solo dei mezzi.
Forse da questo si rende evidente la mia impostazione psicologica e non filosofica.
Inoltre (dai miei studi di psicologia dell'arte) mi sembra che sia sbagliato indicare un preciso fine dell'arte, perchè essa ne ha più di uno, e sicuramente non è fine a se stessa.
In genere poi il fine stesso è diverso da artista a artista e da fruitore a fruitore.
Lo so che non sto dicendo roba particolarmente nuova, sto soprattutto calzando sui punti che secondo me sono i principali, e il mio fine, lo dico apertamente e con un po' di demagogia, è quello di dimostrare che:
uno che apprezza un quadro di Picasso non è un'apprezzatore d'arte più profondo di uno che (con i suoi validi motivi) apprezza un bignè o la costituzione originale, la solidità e il design di una sedia.
Spero di non essere blasfemo per nessuno,
Questo messaggio è stato aggiornato da The Chosen One il 28/02/2005 alle ore 11:37:01
L'arte E' fine a sé stessa...
Se un artista volesse dire "qualcosa" a "qualcuno", gli scriverebbe una lettera.
Comunque, l'impostazione che dai è la stessa che abbiamo dato io e Superbox: l'arte esiste come rapporto tra creatore e fruitore.
Per quanto riguarda il "bigné" invece, quella è "teknè", tecnologia. Non "arte".
L'arte non è mai teleologica, ossia non ha mai un "fine" da raggiungere...
La "psicologia" dell'arte è valida fin tanto che analizza gli intimi motivi per cui un autore "fa" arte, i quali non sono quasi mai i "significati" percepiti dal fruitore.
L'opera d'arte esiste indipendentemente dai motivi che hanno portato l'autore a crearla.
... dopo tutto quello che ho letto... sono convintissimo di essere un Demente! (però... con la D maiuscola!):D
Complimenti a tutti voi che partecipate a questa discussione, è un piacere leggervi!
p.s.
Speriamo nessuno si incazz: per l'ot:D
Ciao Ciao!
Khana fai il buono!
La psicologia dell'arte non è mica psicodinamica dell'arte... noi non studiamo solo le motivazioni che spingono un'artista a fare arte... specialmente studiosi zelanti come me che sono rimasti colpiti dalla fenomenologia hanno un interesse più generale.
L'atto artistico significa rendere concreto e fruibile qualcosa che uno (l'artista), in precedenza, aveva solamente nella testa. Il concetto che giunge al fruitore non è necessariamente lo stesso. Sono daccordissimo.
Onestamente dovrei andare a riprendermi i libri di studio per replicare che l'arte non è fine a se stessa... in ogni caso mi ricordo che oltre ad un fine puramente estetico ve ne sono almeno un'altro paio di cui uno dovrebbe essere quello comunicativo (o metacomunicativo), e forse uno sociale (non sempre ci sono tutti ma intuitivamente mi sembra ragionevole credere che possano esserci).
Per quanto riguarda la distinzione tra arte e teknè per me è solo un'esigenza classificazionista che richiede dei parametri sulla base di cui scindere due cose che nella realtà dei fatti non lo sono.
L'artista che si mette giù a tavolino e disegna (o scolpisce, o quanto altro...) perchè fa l'artista per vivere per me è esattamente un'artigiano come il pasticciere. La distinzione tra arte e non arte sta, al massimo, nella testa di chi la fruisce, ma secondo me alla fine la cosa è sfumata anche là...
classifichiamo arte e non arte solo per nobilitare la prima e dare una certa soddisfazione a chi la fa e a chi si ritiene un'intenditore. (questo non viene dalla psicologia dell'arte, anche il mio prof. mi ammazzerebbe a sentirmi parlare così; ma datemi pure del rozzo materialista sarò per sempre riconoscente a quel bignè che mi ha salvato la vita :D).
X Giommi:
ma va! Al massimo non hai gli stessi strumenti per discutere e capire l'arte che usa chi ha fatto certi studi; anche io sto dietro con un po' di fatica alle dissertazioni filosofiche dei due filosofi qua sopra.
Di arte poi ho gli stessi gusti che avevo 20 anni fa... per me non c'è quadro più bello di qualche striscia dei fumetti di Calvin ed Hobbes.
Purtroppo la mia testa si avvicina per contenuti a quella di Homer Simpson, e per quanto mi sforzi l'unica Venere di Milo che mi piace è la Venere Di Milo Gommosa! Hmmm!
CitazioneX Giommi:
ma va! Al massimo non hai gli stessi strumenti per discutere e capire l'arte che usa chi ha fatto certi studi; anche io sto dietro con un po' di fatica alle dissertazioni filosofiche dei due filosofi qua sopra.
Chiamami ancora filosofo e ti stacco la testa a morsi. :sec:
Cmq stai confondendo l'arte con la creatività.
L'esigenza tassonomica che disdegni altra non è che quella lessicale: in fondo, le cose esistono solo da che gli abbiamo dato un nome.
Senza classificazione, ci troveremmo da soli con l'Uno-in-Tutto-e-il-Tutto-in-Uno (altresì detto Yog-Sothoth): non esisterebbe né il tempo né lo spazio, saremmo contigui (ma senza saperlo) ad ogni dimensione, dimoreremmo negli interstizi che formano i piani dell'universo.
Sarebbero ca**i da pelare, insomma... ;)
Questo messaggio è stato aggiornato da Superbox il 01/03/2005 alle ore 13:01:58
CitazioneCmq stai confondendo l'arte con la creatività.
Sottoscrivo.
Per quanto riguarda Yog-Sothoth non mi pronuncio (non andiamo molto daccordo ultimamente), però il concetto è chiaro: se arte e artigianato fossero la stessa cosa, non avrebbero due nomi diversi.
Beh cosa mi dite allora della stella della sera e della stella del mattino?
I nomi non rendono diverse le cose, ci servono solamente per chiarezza; le categorie non necessariamente vengono costruite tramite il lessico, potrebbero ad esempio essere categorie percettive... in ogni caso categorie a parte (visto che la discussione sulle categorie, e credetemi la conosco bene, è ancora tutta da chiarire...) anche se esistessero nessuno ci dice che esse debbono essere nel mondo reale così come sono nel nostro linguaggio, anzi ci sono molte prove che esse cambiano e con loro la percezione del mondo.
Se facessimo a meno di alcuni paletti non credo che sprofonderemmo in un mare indistinto di eventi; in ogni caso io non invito a fare a meno della tassonomia se non nel caso specifico. Per il resto non mi pronuncio perchè non ci ho mai riflettuto a lungo.
Però se volete posso riportare un bellismo passo di Popper (non è il mio preferito, anche se ultimamente l'ho citato spesso) riguardo alla scissione in ambiti diversi di studio di ciò che invece è un fenomeno unico: la ricerca della conoscenza tramite la soluzione di problemi (o quesiti). Non è difficile da leggere e rimane piuttosto piacevole... solo che ce l'ho a casa mia nelle marche, dove non sarò prima di Mercoledì prossimo. Se vi interessa...
Se fossimo buoni amici, come mi capita spesso di dire ad alcuni miei amici, ora vi direi che le vostre sono solo "pure speculazioni" (ci sono modi più scurrili che userei); queste sono fini a se stesse, non l'arte.:D.
Non vogliatemene, ho capito che siete persone dotate di abbastanza ironia da prendere nel verso giusto questa affermazione!
CitazioneCitazioneCmq stai confondendo l'arte con la creatività.
Sottoscrivo.
Io no. Non parlo solo di creatività.
Ditemi cosa vi spinge a definire il vostro quadro preferito arte; io vi diro cosa mi spinge a dire che il mio bignè è arte: vi lancio la sfida; parliamo in toni chiari però, la cosa può diventare divertente e vorrei allargare la partecipazione alla discussione.
X Superbox: mi volevi ammazzare quando ti ho dato del filosofo; non oso immaginare come ti ho fatto incavolare quando ho detto che le vostre erano "pure speculazioni".:D
Per qualche giorno non potrò più connettermi, vi lascio qualche giorno di vantaggio...
un saluto,
La stella del mattino e la stella della sera, come "vespro" e "venere" sono nomi che identificano una cosa sola: meglio, sono "segni" che identificano una cosa sola, o meglio ancora, "significanti" con un solo "significato".
Ma ciò non toglie che sul piano estetico siano "cose" diverse.
L'opera d'arte è puro "significante".
Non a caso quell'esempio è tipico dei manuali e degli autori che si occupano di Logica (Frege, Russell...) ed è riferito alla "denotazione", o "significazione" delle parole.
L'opera d'arte, in quanto "icona", si ferma prima.
Per la "gara" sul cosa sia l'arte, scusa ma io non accetto, perché bisognerebbe finire a parlare di varie altre cose e non è questa la sede.
Un bigné non è un'icona di niente.
(Tornato fino a domenica)
Peccato per la sfida, forse era divertente ed un buon esempio pratico sulle nostre posizioni dopo tante discussioni teoriche.
(Sì, l'esempio l'ho preso proprio da là...;)).
Continuo a sostenere che tutti nostri concetti devono avere una base "concreta" nel mondo fisico (uso dei termini non proprio nelle loro accezioni filosofiche, perchè il discorso non risulti troppo astruso ma neanche banale). Quando nel mondo fisico non esiste una differenza provata tra ciò che è opera d'arte e ciò che non lo è, ogni cosa, in alcuni contesti, può essere opera d'arte, e non soltanto per la sua originalità (si veda la storia poco sopra della creatività), ma proprio per il piacere e per il significato che essa può portare a chi ne fruisce.
Non dico che l'opera d'arte e il manufatto (nel senso di prodotti costruiti per scopi puramente utilitaristici) sono la stessa cosa sempre; dico che tra tanti manufatti uno si sceglie quelli che per lui sono opere d'arte.
Ps: Una volta stavo rasentando una mezza depressione e ne sono uscito cercando di capire quali erano i punti saldi della mia vita e cosa mi piaceva veramente.
Un bel bignè alla crema squisito è stato il primo passo, (fondamento poi di tutta la mia etica :D), fuori dall'abisso. Per mè il bigne è l'icona dell'appagamento del gusto e del piacere che si può trarre dalla vita quando non si da tutto per scontato.
Quindi per me il bignè ha un significato, mi attrae e mi soddisfa nella sua forma (non solo quella visiva ma anche inquella del gusto che è sempre percezione) ed ha un valore che è molto più vicino alla fruizione di un'opera d'arte che di un mezzo di sostentamento.
Questo messaggio è stato aggiornato da The Chosen One il 04/03/2005 alle ore 12:32:59
L'accezione che dai tu è strettamente psicologica, infatti dai al Bingé un significato "tuo", che vale solo per te.
Qusto non basta a rendere il Bigné "arte".
L'Arte è "icona di espressione", una metafora di una metafora, o meglio, un simulacro di comunicazione.
Ogni opera d'arte è un simulacro di comunicazione. Non importa "cosa" comunica, importa che abbia la possibilità intrinseca ED estrinseca di comunicare.
Questa possibilità è data dalla compresenza di autore e fruitore.
Punto.
Dov'è l'autore del Bigné?
Il pasticcere non aveva l'intenzionalità ad entrare nel trittico autore-opera-fruitore, quindi non è il pasticcere l'autore del Bigné, l'autore potresti essere tu, nel qual caso l'oepra è autoreferenziale e non innesca il senso di ricerca di significato dietro di essa.
Parlando poi del lato "concreto" delle cose, tu studi psicologia, quindi sai che IO, ES e SUPERIO sono "concreti".
Bene, lo sono anche "Soggetto", "Oggetto" e "Rappresentazione", lo sono anche "Autore", "Opera" e "Fruitore". Sono concreti in quanto fenomeni.
La filosofia non è pura teoria, non lo è più da qualche secolo e forse non lo è mai stata, non tanto di più di qualcuno che usa il modello orbitale per descrivere un atomo.
:(
Messo nei guai dalla mia stessa, tanto amata, fenomenologia. ;)
Solo per precisare, e non per rispondere negando quello che hai detto (come farebbe un politico odierno capace di fare solo opposizione), ti dico che io non amo la psicologia dinamica; e che per me ES, IO e SUPER IO sono dei prodotti prettamente culturali, a cui personalmente non credo, e che per me quindi non hanno nessuna concretezza (sono così allenato a non prenderli in considerazione che non saprei identificarli nella vita di tutti i giorni, anche se come concetti li conosco).
Non intendevo dire che la filosofia è una mera speculazione, parlavo solo della distinzione tra arte e non-arte. Qualsiasi scienza che esiste oggi non può dirsi completamente separata e senza nessun debito con la filosofia, quindi... tanto di cappello e rispetto ai filosofi e a chi la conosce (specialmente se sa usare la sciabola meglio di me! :D).
Come hai detto tu, forse il mio punto di vista è un po' troppo psicologico; me ne rendo conto anche io, e pur consapevole che questo possa essere un limite, rimango della mia opinione.
L'autore del Bigne.
Come potrei farlo io e mangiarmelo è possibile che anche un'artista sia anche l'unico fruitore della sua opera.
Anche la metacomunicativitità del bignè uno ce la può mettere se vuole (ad esempio si può pensare che una pasticceria è meglio di un'altra; e il pasticcere di quella pasticceria realizzando le sue paste si rende conto di fare qualcosa che parla della sua bravura, bravura ad esprimersi attraverso il gusto).
Certo, non è sempre così... però quello che volevo dire è che può anche essere così; per usare un ultimo riferimento:
per me non ci sono requisiti necessari per essere arte, ci sono solo requisiti sufficienti che sono dati dal rapporto di ciascuno di noi col mondo.
Grazie comunque per la pazienza...
(p.s:sarò ancora in giro fino a giovedì).
Questo messaggio è stato aggiornato da The Chosen One il 07/03/2005 alle ore 10:22:13
Purtroppo per discutere di cose che "esistono" e sono "vere" (volutamente tra virgolette, perché anche questi sono concetti che non hanno un significato proprio) non si può utilizzare la propria opinione, poiché autoreferenziale, come è autoreferenziale qualsiasi principio metafisico e qualsiasi a-priori.
L'autoreferenzialità è teoreticamente inaccettabile, equivale a dire: "è così, perché sì".
Nell'autoreferenzialità cade anche l'opera d'arte che ha come unico fruitore l'artista stesso: dato che l'artista (consciamente o inconsciamente) sà benissimo perché l'ha prodotta, non si instaura quel rapporto di "ricerca di significato", o meglio di "offuscamento del significato" che sta alla base di qualsiasi tipo di comunicazione (cum-unicatio, mettere insieme contemporaneamente).
Più il messaggio è offuscabile, quindi più è irriconoscibile, più un'opera è "artistica" (E' così dai tempi di Leibniz).
Non vedo dove e cosa possa celare un bigné... certo, a meno che non -esista- l'intenzionalità di rendere il bigné un'opera d'arte, ma in questo caso il bigné smette di essere "dolcetto farcito di crema" e diventa "medium comunicationis", ma, appunto, non stiamo più parlando di un fenomeno "bigné", ma di un fenomeno "opera d'arte" che è espressa attraverso un medium, come tutte le altre. Il bigné quindi perde di importanza come "cosa" e ne assume come "veicolo".
Ora, qui il discorso diventa interessante, visto che MacLhuan introduce il concetto che "il medium è il mesaggio", esplicato nell'idea che un "dipinto" non potrà mai avere lo stesso messaggio di una "fotografia" anche quando ritraggano la stessa scena (lo pensava anche Wittgestein).
In questo frangente si sarebbe tratti in inganno dall'idea che allora "il bigné è il messaggio", ma, sebbene questa idea non contraddica il concetto che l'opera d'arte sia un rapporto ossimorico tra autore e fruitore, una soluzione del genere risulterebbe alquanto riduttiva. "Il medium è il messaggio" in quanto ogni messaggio per essere espresso è costretto ad attraversare un medium, il quale diventa quindi contemporaneamente veicolo di messaggio e -messaggio fisico-, nel senso che la "voce" è contemporaneamente "strumento attraverso cui esplico i miei pensieri" e "sostanza attraverso cui esplico i miei pensieri"; nella sua duplice valenza, quindi, il medium assume "forma" di oggetto e di icona e quindi eredita la "possibilità" di comunicare e di far comunicare, ogni volta in un modo differente rispetto a tutti gli altri medium.
Ogni medium comunica in modo differente, secondo quello per cui è stato inventato.
Il Bigné sarebbe quindi (a scelta) medium visivo (immaginiamolo come "tela tridimensionale" ;) e medium del gusto. Questo è plausibile, ma SOLO nel caso in cui esista l'intenzionalità da parte dell'autore a creare un "che" per un fruitore (se fosse una "cosa" sarebbe già un medium).
Il fruitore da solo non può instaurare la presenza di un'opera d'arte, perché il messaggio, per quanto offuscato ed inaccessibile, ci deve essere.
Una tempesta, sebbene faccia scaturire nell'osservatore emozioni simili a certe opere d'arte, non sarà mai opera d'arte in quanto non esiste nessun tipo di messaggio, neppure offuscato, dietro di essa.
L'unico modo che si ha per presupporlo è identificare dietro ad una tempesta una mano creatrice, ossia Giove Pluvio o uno qualsiasi degli altri dèi che la storia umana ha conosciuto... ma in questo caso si presupporrebbe un a-priori metafisico, autoreferenziale, indimostrabile e opinabile. Quindi non "verificabile", nella doppia accezione del "verificarne l'esistenza" e del "farlo diventare vero".
Non essendoci uscita "scientifica" dall'a-priori metafisico, la fenomenologia si ferma.
Che questo sia un difetto o un pregio, a voi la scelta.
Vedo che più o meno Khana hai capito le mie posizioni, pur non condividendole magari.
Pensando che il mondo di cui facciamo esperienza è quello che costruisce il nostro cervello (rifacendosi "magari" ad uno fisico), anche il medium stesso è quello che costruisce il nostro cervello, pertanto non si sa mai cosa può capitare con un bignè.
(Io preferisco quelli alla crema di quelli al cioccolato, ed entrambi comunque ai quadri degli impressionisti).
Metterli in un'opera d'arte è una forzatura che richiede parecchi requisiti, ma io sono fiducioso e da dilettante studioso della probabilità suppongo che può anche succedere.
L'arte è un rapporto tra tre enti (chiamiamoli artista, fruitore e medium, andando a pescare un po' dall'arte un po' dalla comunicazione); se i primi due sono necessariamente umani in quanto hanno come requisito quello di "attivare in alcuni modi le proprie coscienze", il terzo ente, il medium, che requisiti deve avere che lo costringono ad essere un certo tipo di cose e non un'altro?
La mia idea è che essendo i due estremi del rapporto due coscienze variabili, tra di loro ci può essere di tutto, o almeno tutto quello che attivi certi comportamenti (quello artistico e quello fruitorio).
La mia posizione è un po' quella dell'ignorante, perchè non mi si può certo dimostrare il contrario se voglio ostinarmi sulle mie posizioni; allo stesso tempo psicologicamente direi che sto applicando il principio della semplicità (cioè non attribuisco alla realtà più elementi di quelli che sono in gioco).
Suppongo che in filosofia sarebbe il rasoio di Ockham (non mi ricordo se si scrive così...).
Bello l'esempio della tempesta, potrebbe portare ad una serie di bellissime discussioni sulla necessità di creare o credere in una divinità... ma esulerebbe da questo topic anche se mi tenta.
Ora passo alle discussini xenofobe degli altri post, un saluto,
Questo messaggio è stato aggiornato da The Chosen One il 08/03/2005 alle ore 10:19:43
No, sei tu che non ti sei ancora accorto che stai portando a fondamento delle tue idee un caso limite, estremo e comunque conteplato nella teoria che ti ho esposto.
;):cool: