Vi piace questa forma di arte?

Aperto da andreagiommi, 24 Febbraio 2005, 12:45:23

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andreagiommi

E perchè!? dai Khana... rimaettila la lista! :)

Ciao Ciao!





SSDD

Il buongiorno si vede dal mattino... E' la giornata di merd@ che ti coglie impreparato!!!

andreagiommi

Citazionea me Picasso non piace.

-Risposta semplice e concisa che spero sia di tuo gradimento,andreagiommi.. ;-)



Grazie Manuleson!!!

Pensa che io, aprendo sta discussione, mi aspettavo una lista di si e no... guarda un pò che ho creato!

Però è bello vedere che pezzi di cervelli abbiamo su forumzone

p.s.
Box di a Khana che non ti arrabbi se mette la lista! :D

Ciao Ciao!





SSDD

Il buongiorno si vede dal mattino... E' la giornata di merd@ che ti coglie impreparato!!!

goriath

E' difficile propendere per una linea di pensiero (Superbox) o per l' altra (Khana), in quanto le 2 vie sembrano tangersi in alcuni punti sostanziali (sempre per rimanere in tema, questa è una banalità:cool :)

Ad ogni modo dopo aver riletto attentamente credo di conciliarmi quasi perfettamente con ciò che Khana ha voluto portare avanti...Ritornando all' esempio del programmatore e della programmazione, questa non può esser definita arte...La programmazione si "finalizza" per l' appunto, in qualcosa che sicuramente non può esser arte, qualcosa di ben distinto dall' arte...A mio modo di vedere il nodo è questo. La programmazione potrà avere un momento creativo se vogliamo nel quale un "fruitore" potrà contemplare la creazione (o i codici sorgenti che danno vita alla creazione), ma questo momento passerà (in secondo piano) in quanto ciò che il programmatore crea non è tale per essere arte ma è per essere "altro" dall' arte (il finalizzato). L' Arte al contrario, è tutto ciò che ha dietro di sè (come dice Khana) un autore ed fruitore i quali identificano le loro "posizioni" attraverso il medium alternando attività e passività. Se ciò (le reciproche identificazioni) si dovesse verificare, sarebbe permanente, in quanto "essenza" (se vogliamo, potrebbe essere questo il "fine", ma credo che a questo punto parlare di finalità sarebbe fuorviante e farebbe a cazzotti con quanto appena detto). Mi trovo ancora in accordo per ciò che concerne la non prescindibilità dell' oggettività dell' arte. A mio modo di vedere se si potesse prescindere dall' oggettività e parlare ancora di Arte, ciò (di cui stiamo disquisendo) non è arte ma è di più. E non dico che ciò è Dio perchè non lo so e non lo posso sapere :h.

Tuttavia non vi è da parte mia coesione totale.
 
CitazioneL'errore che si tende a fare e quello di "immedesimarsi" nel fruitore, per cui se "per me" quello non comunica nulla, allora "non è arte".
Errore: nessuno di noi preso singolarmente fa testo, nessuno di noi preso singolarmente è indispensabile alla specie umana...

Mi sembra di evincere (potrei evincere erroneamente:cool :) che Khana voglia fare appello all' Universalità dell' arte. Ossia essa (l' arte) "è", se il "fruitore" (fruitore "ideale" ;) dice che è tale (e lo dice in funzione delle precisazioni fatte in precedenza). Ma un fruitore "ideale", a mio modo di vedere, è una "macchina" i cui "meccanismi" corrispondono ai fruitori "particolari". Detto questo non si può prescindere da essi. In un orologio, se un ingranaggio "non va", l' orologio stesso non svolge la sua mansione correttamente. Detto ciò al momento che un ingranaggio (un fruitore particolare) non va (non fa la sua "parte" ;) l' intero sistema viene vanificato (l' arte non si verifica come tale). C' è universalità (macro), a mio avviso, solo se essa si perpetua nel particolare (micro).

Bene, volendo fare della "manutenzione" al nostro orologio....

Il Giommi sembra essere un ingranaggio "che non ingrana" (nel senso che non svolge la mansione che altri ingranaggi svolgono). Dunque forniamo al nostro ingranaggio (il Giommi) dell' "olio" ossia delle facilitazioni, delle "chiavi" di comprensione e di interpretazione (Superbox dixit: "Il cubismo può essere banale per chi non possiede i mezzi cognitivi per capirlo). Ebbene, ciò non vieta che il Giommi una volta ottenute le chiavi cognitive al pari di qualsiasi potenziale fruitore prossimo all' identificazione (ecc...ecc...), continui a ripetere che questa forma d' arte (il cubismo) non lo aggrada...Infatti più che (oppure "oltre che" ;) discutere sul vero significato di intendere l' arte ed "identificarsi" con essa, sarebbe opportuno interrogarsi su cosa significhi "questo quadro mi piace"..."mi piace perchè è bello".....e magari cosa significhi demente:cool:......

Penso che non la finiremmo più:)

OLD SCHOOL: Because it was done right the first time
/!\\ PM box piena: per contattarmi inviatemi una mail

The Chosen One

Nel mio precedente post non mi sono spiegato bene.
Conosco molto bene il famoso triangolo artista-opera d'arte-fruitore; ma ciò che intendevo dire quando dicevo che l'arte non ha una base oggettiva non si riferiva all'opera d'arte ma all'arte stessa.
Per dirla semplicemente:
-l'opera d'arte, come dice Khana, ha una base oggettiva, concreta, rappresentata dal mezzo (il canale, per chi preferisce) che collega l'artista col fruitore. Da questo punto di vista è chiaro che l'opera d'arte è tale secondo un'accordo soggettivo che lega fruitore e artista.
-  ribadisco però che secondo me l'arte (ciò che definiamo "arte" ;) non ha una base soggettiva: intendendo dire che non ci sono dei criteri precisi con cui possiamo separare ciò che arte da ciò che non è.
Per dirla con Popper (così Khana mi capisce, spero Superbox non me ne voglia): l'arte per me rimane nel secondo e nel terzo mondo; i criteri che decidono cosa è arte e cosa non lo è non fanno parte del primo mondo; conseguenza diretta di questa cosa è che anche un linguaggio di programmazione può essere arte a patto che soddisfi i requisiti del secondo e del terzo mondo: cioè, reciprocamente, che sia prodotta e fruita da due dustinte coscienze, e che rappresenti un bene culturale (e tutte le altre cose che attribuiamo all'arte...).

Se non si fa così si deve cercare per forza un criterio che scinda ciò che è arte da ciò che non lo è; e come è già evidente dal discorso di goriath alla fine questo criterio deve essere cercato in qualcosa di metafisico; tagliando ogni altra possibilità di discussione.

Tanto per riassumere per chi non è stato dietro al mio discorso:
sono daccordo con Superbox nel dire che anche un linguaggio di programmazione "può" essere arte; aggiungo io: come lo può essere una sedia fatta bene, o un bignè alla crema.

Andre.

Superbox

Uh...
Chiarisco meglio il punto, perché non vorrei essere stato frainteso.

Per me una sedia non è necessariamente arte (anche se molti oggetti li chiamiamo appunto "artefatti", in quanto produzioni risultanti dall'attività umana).
Però lo può essere. Come lo può essere il codice sorgente di un programma, ma a determinate condizioni, e cioè, come diceva Khana, nel momento in cui l'oggetto è fine a se stesso, e non all'utilizzo pratico.
Oltretutto una sedia è spesso prodotta in serie con tecniche automatizzate (quindi non è nemmeno un "manufatto" in senso stretto)... ma il punto focale è che la sedia non viene costruita (quanto meno nella stragrande maggioranza dei casi) per convogliare senso: viene costruita per adempiere a determinate necessità/funzioni. L'opera d'arte invece non ha utilizzo nè finalità pratica. L'opera d'arte è un oggetto di senso, un rapporto stabilito tra un significante (l'oggetto) e uno o più significati.
Ciò non toglie che una sedia (o un WC) possa finire al Louvre: ma ciò che la differenzia dalle migliaia di altre sedie nel mondo è in quel caso la volontà precisa e determinata di un autore (umano) di utilizzare tale oggetto come segno (semioticamente parlando, è "segno" qualcosa che sta per qualcos'altro), strappandolo così al contesto della vita quotidiana per dargli "vita propria" in quello dell'arte.

Identica è la logica che applicavo all'esempio della programmazione: non nell'atto in sè (il programma in esecuzione), che è chiaro risponda a logiche essenzialmente funzionali (deve fare ciò che è richiesto, non porsi come oggetto di contemplazione mistica), ma nel processo creativo che ne sta alla base. E' giusto l'appunto di Khana sul fatto che l'arte nella programmazione svanisca con la compilazione del listato. Ma ciò non toglie che questa può risiedervi, ovviamente nel codice sorgente.

Il linguaggio di programmazione è un linguaggio.
Per definizione è votato alla produzione di senso. E quindi potenzialmente manipolabile a fini artistici.
Che poi la bellezza intrinseca di un codice in C++ possa essere apprezzata solo da chi "mastica bene" il C++ è un'altro discorso. Ma non è il numero di persone in grado di apprezzare un'opera che ne determina la sua valenza artistica.
L'arte, come ho già detto sopra, nasce nel processo di significazione (attribuzione di significato a un significante).

Ultima righe dedicate al binomio gusto-arte, due termini che spesso in questo thread ho percepito come intercambiabili.
Distinguiamo bene le due cose: qualcosa può piacere o non piacere.
Il gelato al limone può essere più gradito a una persona e meno a un'altra.
Ma quando si parla di arte non si parla di gelato al limone: il gelato al limone non è il "prodotto" di una volontà che ha voluto attriburgli forma e senso; e tanto meno è diretto a un'altra volontà (il fruitore) che questo senso lo potrà estrapolare dal significante.
L'opera d'arte si può comprendere o non comprendere, e ciò è dovuto non al giudizio di gusto, ma al possesso dei determinati "strumenti" cognitivi necessari alla sua interpretazione, intesa come decodifica del linguaggio utilizzato e ri-creazione di significato nella mente del fruitore.
Il fatto che piaccia o no, ai fini puramente estetico/artistici, non è assolutamente pertinente.
Nel momento in cui l'arte è entrata nella mente nel fruitore, che a quest'ultimo piaccia o meno non ha importanza, dato che l'Arte ha assolto il suo compito di auto-definizione.

Con una metafora: se un cinese vi parla in cinese, e voi non sapete il cinese, non riuscirete ad attribuire significato alle sue parole. Potrete commentare la sonorità del linguaggio (es: mi piace/non mi piace il tedesco per il suo suono "duro" ;), ma il processo di ricreazione di senso che il cinese voleva attuato nel vostro cervello non è arrivato a buon fine. Quindi non sarete in grado di dire "condivido/non condivido", "mi piace/non mi piace" quello che ha detto il cinese, finché non imparate il suo linguaggio e vi ponete nelle condizioni di recepire il significato di ciò che lui intende comunicare.
Il giudizio di gusto non solo non è pertinente all'Arte, ma ne è anche subordinato.

Il discorso appena fatto è chiaramente (per chi ha avuto la sfortuna di doverlo studiare :D) di derivazione Kantiana, ma non è necessario aver letto Kant per comprenderlo (questa frecciata è per Khana ;)).
Quando si possiede la conoscenza bisognerebbe illustrarla, non metterla tra i requisiti per avviare un discorso (frecciata n. 2 :cool:]).
Detto ciò... niente in contrario alle "letture consigliate", purché ciò avvenga dopo che si è illustrato l'argomento in modo - quanto più possibile, perché non possiamo ragionare in termini assolutamente esaustivi - comprensibile per l'interlocutore.:sag:;)



EDIT: aggiunta una metafora. :D

Questo messaggio è stato aggiornato da Superbox il 26/02/2005  alle ore  14:37:45
In filosofia, in religione, in etica e in politica, due e due avrebbero potuto fare cinque. Ma fino a che ci si manteneva nell'ambito di disegnare un aeroplano o un fucile, dovevano fare quattro.
- G. Orwell

Khana

Il fatto è che a me non piace fare la figura dello "scolastico" perché è una posizione che tende a sottointendere che non si è capito il discorso...

Ad esempio, la definizione Macro/Micro di un processo sociale e antropologico quel è l'arte è di per sé erroneo, tanto quanto risulta erronea l'analisi Popperiana dell'arte.
Questo perché l'unversalità a cui io mi riferivo è il concetto di "trasendente" di Kant, ossia qualcosa che è "oggettivo" in quanto "universalmente possibile".
L'analisi invece macro/microcosmica tipica di una delle due derivazioni hegheliane, ossia quella marxiana (aggettivo ricercato per distinguarsi dal marxismo che assumerebbe un carattere politico che qui non è di nessun interesse) equivale di fatto ad un riduzionismo meccanicistico (che è anche di Popper, appunto), che non ha davvero nulla a che spartire con l'arte.
Popper analizza per gradi di sovrastrutture ed ha un approccio comunuqe antropocentrico.

L'analisi che si cercava invece di fare, che porta ai discorsi semantici a cui fa riferimento Superbox (senza palesarli del tutto neppure lui :cool :) è la strada fenomenologica che necessariamente porta ad analizzare l'arte dal suo stretto significato comunicativo.
L'arte è icona del comunicare.
E' simbolo di simbolo, ma non nel senso platonico, lo è nel senso proprio dell' "icona": un segno che sta al posto di qualcosa d'altro.
Per la precisione, tanto per usare parole di Husserl, è simulacro di espressione.
Essendo l'espressione a sua volta un "simbolo", dato che è la rappresentazione più prossima al significato che vogliamo comunicare, ecco che l'arte è icona di un simbolo.

Non esiste, di fatto, nessun altro modo per definire un'opera d'arte, poiché tutte le altre spiegazione che si possono dare sono "opinioni", quindi per loro natura fallaci.

Ora, visto che il discorso è di nuovo tornato inquesto senso, ri-posto i riferimenti alle opere che non ho messo nei post precedenti...

Per riuscire a capire dove stiamo andando a parare, bisogna necessariamente essere a conoscenza del significato di "trascendente" di Kant, del concetto di "rappresentazione" di Schopenhauer e del rapporto dialettico che esiste tra "Soggetto", "Oggetto" e "Rappresentazione", del concetto originale di "Dialettica" di Hegel (quindi non la traduzione che ne ha fatto Reale...), della differenza tra Tekné e Poien fatta da Heiddegger e dalla definizione che dà lui del verbo "essere" nel suo significato semantico di ex-sisto, stare fuori, incredibilmente simile a "estetica", della fenomenologia di Husserl, dell'esperienza decostruttivista di Deridda ("la differenza che differisce il differire del differente" ;) e dei concetti base di MacLhuan ("Strumenti del Comunicare": il medium è il messaggio).
Già che ci siete, datevi una lettura a Wittgestein e alle sue teorie sull'estetica dei (alla sua epoca) nuovi Media (la fotografia e la radio); noterete che è incredibilmente simile a MacLhuan.
Questo per quanto riguarda la filosofia...
Per l'arte, fa sempre un grande effetto andare al museo Reyna Sofia di Madrid e vedere, nella stessa sala, la Guernica di Picasso e i quadri di Fontana. In fotografia non rendono neanche un decimo di quello che rendono dal vivo. I quadri di Fontana sono davvero la rappresentazione bidimensionale dello spazio.
Aggiungete poi un paio di sane letture di semiotica, ma su questo vi consiglerà meglio Superbox.

L'estetica non disserta più sul gusto da, mi pare, Baumgarten, 1750... l'estetica ora è necessariamente fenomenologia e come tale non studia il "cosa" degli oggetti, ma il "come".
E' una scienza e studia il "funzionamento" (a livello eidetico) dei suoi oggetti e non le loro "essenze".
E' la cosa più lontana dalla metafisica che potete trovare, non perché ne sia il suo contrario, ma perché non si pone il problema della metafisica (ha imparato da Nietzsche); con la fenomenologia non c'è la necessità di un riduzionismo aprioristico nel (vano) tentativo di trovare un principio comune e fondativo del reale, risalendo a ritroso la catena causa-effetto (che è un'operazione impossibile, come a cercare di risalire alla funzione usata, partendo dal suo risultato), ma c'è la ferma convinzione a trovare, a livello analitico, quali siano le "strutture trascendentali" che reggono l'insieme delle esperienze fruibili, ossia quali sono quei meccanismi eidetici che sono comuni a tutti gli uomini. Non importa quali poi siano gli "oggetti" sui cui tali meccanismi ruotano, importa che il "piacere" che una persona ottiene dal contemplare un'opera sacra in un tempio religioso sia de facto lo stesso "piacere" che un'altra persona ottiene ammirando un acquarello di Milo Manara.
Non più l'intelletto, ma i sensi.
Non più la razionalità, ma le percezioni.
Meglio: percezioni di cui si ha coscenza del loro funzionamento trascendentale, ossia appercezioni.
L'intelletto è un accidente evolutivo.

"Il cervello pensa, tanto quanto lo stomaco digerisce" (Schopenhauer).




Questo messaggio è stato aggiornato da khana il 26/02/2005  alle ore  17:41:58
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The Doctor: Think you've seen it all? Think again. Outside those doors, we might see anything. We could find new worlds, terrifying monsters, impossible things. And if you come with me... nothing will ever be the same again!

The Chosen One

Ragà... ma vi pare che io mi vado a studiare tutta quella roba per commentare un quadro di Picasso? :D

Per me l'arte è un prodotto umano, di una mente umana che intende indicare qualcosa. Il gusto e la comprensione per me non sono la stessa cosa, ma neanche il primo è subordinato al secondo, anzi ritengo che a volte le due cose si influenzino a vicenda.

Mi scuso per aver alluso a mondi di Popper senza aver spiegato bene; però alla fine ho fatto un riassunto abbastanza chiaro ;)...

In ogni caso adesso non posso dire di pensarla neanche come Superbox:
per me un artefatto, come può essere ad esempio un bignè fatto da un abile artigiano, può essere benissimo un'opera d'arte.
L'arte per me non è negli oggetti ma in chi la fa e in chi la fruisce; gli oggetti sono solo dei mezzi.
Forse da questo si rende evidente la mia impostazione psicologica e non filosofica.
Inoltre (dai miei studi di psicologia dell'arte) mi sembra che sia sbagliato indicare un preciso fine dell'arte, perchè essa ne ha più di uno, e sicuramente non è fine a se stessa.
In genere poi il fine stesso è diverso da artista a artista e da fruitore a fruitore.
Lo so che non sto dicendo roba particolarmente nuova, sto soprattutto calzando sui punti che secondo me sono i principali, e il mio fine, lo dico apertamente e con un po' di demagogia, è quello di dimostrare che:
uno che apprezza un quadro di Picasso non è un'apprezzatore d'arte più profondo di uno che (con i suoi validi motivi) apprezza un bignè o la costituzione originale, la solidità e il design di una sedia.
Spero di non essere blasfemo per nessuno,


Questo messaggio è stato aggiornato da The Chosen One il 28/02/2005  alle ore  11:37:01
Andre.

Khana

L'arte E' fine a sé stessa...
Se un artista volesse dire "qualcosa" a "qualcuno", gli scriverebbe una lettera.

Comunque, l'impostazione che dai è la stessa che abbiamo dato io e Superbox: l'arte esiste come rapporto tra creatore e fruitore.

Per quanto riguarda il "bigné" invece, quella è "teknè", tecnologia. Non "arte".
L'arte non è mai teleologica, ossia non ha mai un "fine" da raggiungere...
La "psicologia" dell'arte è valida fin tanto che analizza gli intimi motivi per cui un autore "fa" arte, i quali non sono quasi mai i "significati" percepiti dal fruitore.
L'opera d'arte esiste indipendentemente dai motivi che hanno portato l'autore a crearla.


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andreagiommi

... dopo tutto quello che ho letto... sono convintissimo di essere un Demente! (però... con la D maiuscola!):D

Complimenti a tutti voi che partecipate a questa discussione, è un piacere leggervi!

p.s.
Speriamo nessuno si incazz: per l'ot:D

Ciao Ciao!





SSDD

Il buongiorno si vede dal mattino... E' la giornata di merd@ che ti coglie impreparato!!!